Hokusai
È difficile dire esattamente quando Hokusai si accorse che Hiromi era una dea, e anzi Dio stesso.
Sappiamo che Hiromi era accovacciata sopra di lui, nuda e attenta al loro piacere. Hokusai, disteso, con gli occhi chiusi, teneva le dita tra le incantevoli scanalature formate dalle costole di lei. Sappiamo che Hokusai percepì distintamente l’interno di Hiromi.
La sua prima meraviglia fu che un torso così sottile e fragile, delicato come quello di un bambino o di un uccellino gigantesco, potesse contenere un cuore adulto, grande e potente come quello di Hiromi, e polmoni capaci di cantare e gemere e urlare, e tutto ciò che un torso umano può contenere ed esprimere.
La seconda meraviglia di Hokusai fu che l’interno di Hiromi non era affatto disgustoso e mostruoso come i disegni anatomici che lo avevano turbato da bambino. Esso piuttosto era dolce e familiare come un nido. Mai, in nessun altro luogo, Hokusai avrebbe potuto sentirsi più a casa. Mai con un’altra creatura avrebbe potuto avere una tale intimità.
Da ciò Hokusai dedusse la divinità di Hiromi. Non aveva egli sempre saputo che null’altro se non questa intimità era appunto il divino, la vera comunione dell’uomo con Dio. E l’interno di Hiromi non aveva forse la più bella e perfetta delle forme? E questa perfezione non era forse la perfezione di un intero universo?
Hokusai capì che non stringeva tra le mani solo il torso soavemente acerbo della amata di nome Hiromi, ma una coppa splendente che racchiudeva il cosmo, e ogni possibile bellezza. Hokusai vide che il cuore di Hiromi era una galassia iridescente illuminata da infiniti soli e stelle. E che i confini del suo petto erano i confini di tutto lo spazio possibile, punteggiato di innumerevoli mondi e pianeti e misteri e incredibili geometrie e cosmici disegni. Hokusai sentì che tutto questo era la sua casa. Hiromi, il torace di Hiromi, era la sua casa divina.
Il dolce respiro di Hiromi era il respiro del cosmo. Il battito del suo cuore, che Hokusai baciava con tutto l’amore devoto della creatura creata, il ritmo dell’infinito. Baciare il cuore di Hiromi era come baciare il cuore dell’universo. Baciare il suo petto, il battito del suo cuore attraverso il suo petto, significava pulsare nel centro dell’universo, accoccolarsi nel bel mezzo del divino.
D’altronde, si sa, non è facile vivere con una dea. E a maggior ragione con Dio stesso. E ancor più difficile se questo Dio, che è l’intero universo e il suo respiro, è la tua gabbia.
Così Hokusai abbandonò Hiromi, e cominciò a dipingere i suoi meravigliosi paesaggi. Ma se si guardano con attenzione le sue immagini, si riescono a sentire in trasparenza, come confini di luce invisibile, le sottili costole di Hiromi. E si capisce che tutti i paesaggi di Hokusai non sono altro che scorci dell’interno di Hiromi. Vedute di Hiromi attraverso le fessure delle sue costole, che sono i confini invisibili dell’universo.
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