ELENA
«Vi è un’empiria delicata
che si identifica nel modo più intimo con l’oggetto,
e così diventa teoria vera e propria.
Questo potenziamento delle facoltà dello spirito
appartiene però ad un’epoca di alta cultura»
(J.W. Goethe)
«Perché il bello
non è che il tremendo
al suo inizio»
(R.M. Rilke)
Il curioso in cerca di spiegazioni riguardo la nostra Elena troverà qui soddisfazione.
Benché, è ovvio, non quella che cerca.
Ma procediamo con ordine.
Nel lettore contingente, caduco, effimero, nell’eterno sciocchino, qualsivoglia interrogativo circa l’anno 1876 non produrrà verosimilmente altra risposta se non l’abituale, finanche nostalgico riflesso psico-motorio: una bocchina bavosa – di tiepida bavuzza: solitario souvenir della scuola dell’obbligo – atteggiata ad «o» propedeutico di ovina stupefazione[1].
Come noto, alla mente nebbiosa dello stupidino l’anno in questione apparirà nella forma di un remoto stecchino temporale, attorno al quale a stento si avvilupperà una confusa matassa di eventi[2]. Nei casi migliori l’occhio opaco del nostro orfanello mentale potrà involontariamente filtrare[3], come attraverso il velo allegorico della sua stessa evanescenza psichica[4], il lume di un’immagine aliena, seppur autoprodotta[5]: l’erezione di un indice scheletrico preverbale, che svortica erodicamente in nebbia d’uova opilioniche ( – piccoli albumi ragnosi di rognosi fatterelli embrionali – ) un bozzolo informe di tempo necrofilato[6].
Ogni eterno sciocchino, d’altronde, ha il suo pendant in uno sciocchino eterno[7]. E così l’immortale senza merito, lo stolido imperituro e autobiografico, il virtuale maestro d’elenchi, il campione dell’«io c’ero», l’onnipresente cibernetico, si coagulerà, all’opposto, come teoria anonima di rocciose escare cronologiche, in margine all’orifizio posteriore della data, sfogandosi a ritroso per le rime in similpelle dell’anus-annus[8].
Il lettore a cui propriamente ci rivolgiamo non appartiene ovviamente a nessuna delle due categorie. Egli si colloca piuttosto nella sfera, doverosamente inaccessibile alla plebe, dell’«empiria delicata», della morfologia come forma di vita, della signatura rerum, e, diciamolo pure, del fenomeno originario.
A questo lettore non servirebbe in fondo nessuna spiegazione. Il suo fiuto sopraffino, il suo occhietto ultrasensibile, la sua immaginazione, avranno già individuato fulmineamente, attraverso la massa amorfa degli eventi coagulatisi intorno al 1876, il nucleo irradiante a cui sin dall’inizio ci riferiamo: la pubblicazione, da parte di Juan Cristóbal Gundlach[9] della straordinaria Ornitologia cubana, nella quale il sommo morfologo espone al mondo la sua scoperta più mirabile, lo zunzuncito, o pájaro mosca, o elfo de las abejas, ovverosia la Mellisuga Helenae o colibrì Elena[10].
Ma ancora una volta dobbiamo procedere con ordine.
Nel 1839 Gundlach lascia Marburgo per trasferirsi a Cuba, ospite dell’amico di studi Carlos Booth. Non impiega molto a capire che la signora Booth, Doña Helena de Faz, non è altro che una delle incarnazioni di Elena di Troia, ovvero del fenomeno originario della seduzione, che Goethe ha sperimentato attraverso il Faust. Come nelle Wahlverwandtschaften, del resto, i nomi, i loro intrecci, tradiscono immediatamente il destino e la chimica dei personaggi. Gundlach è l’omerico guerriero, l’uomo che gioca con la guerra[11]. Il regno di Elena è quello della bella apparenza, della facies, del visus, della «faz» (viso, apparenza), appunto. Booth, d’altra parte, è solo un baraccone da fiera, un tendone («booth») per esibire Elena mentre la occulta; inutile dire, poi, che il suo nome è allo stesso tempo una banale deformazione di «boat», nave. Il fenomeno originario non potrebbe manifestarsi più chiaramente e allo stesso tempo più ironicamente. Helena de Faz, Elena della bella apparenza, è Helena Booth, ovvero Helena Boat, Elena della nave, Elena la distruggitrice di navi, Elènaus[12].
Ora, la potenza di Elena, quale fenomeno originario della bellezza, si irradia sulle creature a lei più vicine, gli uccelli. La natura originariamente ornitologica di Elena è dal resto ben nota. Figlia di Leda, nasce da un uovo. Dunque: la forza della bellezza di Elena, come fenomeno originario contingentemente apparso a Cuba, si irraggia, come un campo di forze, sulle creature affini, generando l’uccellino più bello del mondo. Posta la natura ornitologica di Elena di Troia e il riconoscimento di quest’ultima come fenomeno originario della seduzione, Gundlach coglie il nesso morfologico tra Elena di Troia, Elena de Faz e il colibrì mellisuga, e chiude il circolo assegnando al suo uccellino il nome Elena. L’evento orienta attorno a sé, come un vortice, una serie di epifenomeni. Così in quello stesso anno Schliemann scopre la maschera di Agamennone a Micene, Machado de Assis pubblica la sua Helena, e Benito Pérez Galdós pubblica la Doña Perfecta.
La nostra Elena è dunque un colibrì ( – un colibrì mascherato). Non si nutre tuttavia di nettare ma della visione di se stessa. Al termine del suo becco c’è il suo stesso occhio, pronto a nutrirsi della bellezza che da lei defluisce. Il becco di Elena è la punta: il rostro che trafigge la nave e il raggio che trapassa l’occhio. La nave colpita dal rostro è l’occhio trafitto dalla bellezza di Elena. Ma l’occhio trafitto è anzitutto l’occhio di Elena. Se il suo becco è il rostro che affonda le navi, la sua bellezza è il mare in cui il suo stesso occhio affonda, trafitto. Il becco di Elena è il sostegno del suo occhio non meno di quanto l’occhio sostenga il becco ed Elena. Il movimento con cui Elena torna continuamente a se stessa è l’incanto dell’onda, la perfezione del pendolo. Elena dondola infinitamente tra la sua immagine e il suo occhio, infinitamente oscilla tra sé e la visione di sé, tra l’interno e l’esterno, tra la punta e la linea, tra l’apparenza compiuta e il desiderio[13]. La sua bellezza è in fondo proprio questo movimento: forma che ininterrottamente ritorna a contemplare se stessa, che rifluisce in sé, forma che mirando(si) (si) riplasma. La nostra Elena è un colibrì a dondolo.
Ma il bello, si sa, non è che il tremendo al suo inizio. Il colibrì è solo l’apparenza immediata, lo «schöner Schein» di Elena. E dunque un’armatura, una culla, un ricettacolo, uno scrigno. Ma come tutte le armature e i simulacri, che hanno il loro archetipo – origine e fine – nel profilattico, la forma protegge dall’estraneo solo per poter contenere, racchiudere, comprimere il proprio. Così, accedendo al suo interno, per scomposizione, si mostrano, incastonate l’una nell’altra, le molteplici animule segrete, i significati latenti dell’immagine, i demoni di Elena: maschera mortuaria, nulla carnivoro, vampiro, pipistrello, scrofa notturna.
[1] V. in tal senso U. Neisser, A Case of Misplaced Nostalgia, in «American Psychologist», 46, 1991, pp. 34-6, e soprattutto R.A. Bjork e L.A. Bjork, A New Theory of Disuse and an Old Theory of Stimulus Fluctuation, in A.F. Healy, S.M. Kosslyn e R.M. Shiffrin, From Learning Processes to Cognitive Processes: Essays in Honor of William Estes, Erlbaum, Hillsdale, 1992, vol. 2, pp. 35-67.
[2] Cfr. ovviamente P. Podgorny e R.N. Shepard, Functional Representations Common to Visual Perception and Imagination, in «Journal of Experimental Psychology: Human Perception and Performance», 4, 1978, pp. 21-35; ma v. anche E. Bisiach e A. Berti, Making Images and Neural Activity, in A. Sheikh e B.C. Kunzendorf, Psychophysiology of Mental Imagery: Theory, Research and Application, Erlbaum, Hillsdale, 1987.
[3] Sul tema del filtraggio anamnestico-immaginale involontario cfr. L.L. Jacoby, Incidental versus Intentional Retrieval: Remembering and Awareness as Separate Issues, in L.R. Squire e N. Butters, Neuropsychology of Memory, Guilford Press, New York, 1983, pp. 145-56.
[4] Sul rapporto isomorfico tra l’imbecille e la sua stessa imagine mentale cfr. R.N. Shepard e S. Chipman, Second-Order Isomorphism of Internal Representations: Shapes of States, in «Cognitive Psychology», I, 1970, pp. 1-17.
[5] Cfr. L.J. Tippett, The Generation of Visual Images: A Review of Neuropsychological Research and Theory, in «Psychological Bulletin», 112, 1992, pp. 415-32.
[6] Pensiamo ovviamente a M.H. Erdelyi e J. Becker, Hypermnesia for Pictures: Incremental Memory for Pictures but not for Words in multiple Recall Trials, in «Cognitive Psychology», 6, 1974, pp. 159-71; ma sono fondamentali anche J.W. Schooler e T.Y. Engstler-Schooler, Verbal Overshadowing of Visual Memories: Some Things are Better Left Unsaid, in «Cognitive Psychology», 22, 1990, pp. 36-71, e soprattutto C. Cornoldi, R. De Beni, S. Roncari, S. Romano, The Effects of Imagery Instructions on Total Congenital Blind Recall, in «European Journal of Cognitive Psychology», 7, 1989, pp. 321-31.
[7] Come evidenziano, tra gli altri, i gemelli E.F. Loftus e G.R. Loftus, On Permanence of Information in the Human Brain, in «American Psychologist», 35, 1980, pp. 409-29, nonché, in altra prospettiva, i mirabili studi di Ray Kurzweil, del quale v. almeno The Age Of Intelligent Machines, MIT Press, Cambridge, Massachusetts (USA), 1990; The Age of Spiritual Machines, Viking Press, New York, 1999; The Singularity is Near, Viking Press, New York, 2005.
[8] Par di sentirlo il saputello informe, il Funes borgesiano dalla manuccia perennemente alzata: «nel 1876 Swinburne pubblica l’ Erechteus; Verne il Michele Strogoff; Dostoevskij La mite, Il contadino Marej, e Il bambino “con la manina”; Tolstoj scrive Anna Karenina; Twain Le avventure di Tom Sawyer; Mallarmé L’Après-midi d’un faune; Melville il Clarel; Browning il Pacchiarotto; Carroll pubblica finalmente The Hunting of the Snark per McMillan; William Morris The Story of Sigurd the Volsung and the Fall of the Niblungs; Collodi i Racconti delle fate; George Eliot, ovvero Mary Anne Evans, il Daniel Deronda; il 24 febbraio, ad Oslo, viene rappresentato per la prima volta il Peer Gynt di Ibsen, con le musiche di scena di Edvard Grieg; Huysmans scrive Marthe, histoire d’une fille, e conosce Zola, che proprio quell’anno ha pubblicato Sua Eccellenza Eugène Rougon; Moreau dipinge L’apparizione e San Sebastiano e l’angelo; Degas L’étoile e L’assenzio; Rops La bevitrice d’assenz io; Manet il ritratto di Mallarmé; Pissarro La mietitura; Renoir il Moulin de la Galette, la Giovane donna con veletta e L’altalena; Caillebotte dipinge miracolosamente Le pont de l’Europe, Portraits à la campagne, Jeune homme jouant du piano e una versione piccola dei Raboteurs de parquet; Burne-Jones termina The baleful head; nascono Constantin Brancusi e Raymond Duchamp-Villon; Rodin fonde L’età del bronzo; Cézanne finisce le Bagnanti e inizia la Fontana; Nietzsche scrive la quarta Inattuale; intanto Rhode è chiamato ad insegnare a Jena e Wilamowitz diventa ordinario a Greifswald; Wagner se la gode al primo Festival di Bayreuth; il giovane Puccini va a piedi da Lucca a Pisa per ascoltare, l’11 marzo, l’ Aida di Verdi, poi decide di dedicarsi all’Opera; si rappresenta la Gioconda di Ponchielli; Bruckner compone la Quinta Sinfonia; Otto Dessoff dirige a Karlsruhe la Prima sinfonia di Brahms; nascono Marinetti, Mata Hari, Duilio Cambellotti, Scarpetta, Jack London, August Sander, Pio XII, il brigante Musolino, Adenauer, Vlaminck e la Coca Cola; muoiono Bakunin, Alessandro Manzoni, Gino Capponi, Giacinto Gigante, Truganini, detta «Lalla Rooke», l’ultima aborigena della Tasmania, Pierre Larousse, lo studioso di grammatica, Fromentin, ma anche 200.000 indiani immemorabili, spazzati via in blocco da un tornado; intanto nascono Muhammad Ali Jinnah e Sharat Chandra Chatterji, mentre il 1 maggio la regina Vittoria viene proclamata regina d’India; nella battaglia di Little Bighorn, Sioux e Cheyenne, guidati da Toro Seduto, distruggono l’armata guidata dal generale Custer, uccidendo lui e più di 200 dei suoi soldati; Otto Nikolaus brevetta il motore a scoppio a quattro tempi, e Karl von Linde un vero frigorifero; William Thomson (Lord Kelvin) crea l’«Harmonic Analyser», il primo computer analogico; Gustav Fechner pubblica la Vorschule der Ästhetik, e Wilhelm Wundt le Untersuchungen zur Mechanik der Nerven und Nervenzentren; il 14 febbraio Alexander Graham Bell e Elisha Gray depositano a Washington la richiesta per la registrazione di brevetto per il telefono; il 31 dicembre muore, secondo la sua previsione, la visionaria mariana Santa Catherine Labouré; la Vergine Maria appare per quindici volte (dal 14 febbraio al 15 dicembre) ad Estelle Faguette, una domestica trentaduenne malata di tumore, tubercolosa e paralizzata a un braccio: durante la quinta apparizione, il 19 febbraio, la Faguette guarisce improvvisamente e completamente, come le aveva preannunciato la Madonna; nel frattempo il conte Eugène de Germiny, fervente cattolico, noto avvocato dei gesuiti, viene sorpreso in un cesso pubblico mentre palpeggia il diciottenne Pierre Clouet: scappa in Argentina per la vergogna; in Spagna la Restaurazione impone la Costituzione canovista; Sir Thomas Wade e Li Hongzhang stipulano la convenzione di Chefoo; l’editto Haitorei proibisce ai samurai di portare la spada: ribellioni di Akizuki, di Hagi e di Shimpuren da parte dei samurai inciprigniti; il 27 febbraio Kuroda Kiyotaka, Governatore di Hokkaido, e Shin Heon, Generale e Ministro coreano della dinastia Chosun, ratificano il Trattato di Ganghwa, ovvero dell’Amicizia nippo-coreana; si inaugura il primo tempio crematorio al mondo nel cimitero monumentale di Milano; in Inghilterra viene ratificato il “Cruelty to Animals Act”; Albert Fish entra in orfanatrofio, subito accolto a nerbate; per l’unica volta nella storia del paese, Minghetti porta il governo italiano al pareggio di bilancio: fine della Destra Storica e ascesa di De Pretis; Don Bosco fonda la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani; Joe Goss sconfigge Tom Allen alla ventunesima ripresa, diventando campione del mondo dei pesi massimi; il primo aprile muore Philipp Batz, Mainländer».
[9] Juan Cristóbal Gundlach [Johannes Christopher Gundlach (Redberg) fino al 1875] (1810-1896) naturalista e tassidermista cubano di origine tedesca, nato a Marburgo e morto a La Havana. Studia all’Università di Marburgo e lavora come tassidermista, laureandosi nel 1837 in filosofia. Nel 1839 lascia l’Europa per andare a Cuba a collezionare uccelli. Nel 1864 Gundlach fonda il Museo di Storia Naturale cubano, che sarà trasferito all’Havana. Dal 1873 al 1875 esplora Puerto Rico. Nel 1875 cambia il proprio nome in Juan Cristóbal. Scrive l’Ornitología Cubana. Il suo nome è ricordato in quello di sedici specie di uccelli. Le sue collezioni ornitologiche sono conservate nel Museo Poey dell’Havana. George Newbold Lawrence (1806-1895) gli dedicò la specie Succiacapre sparviero delle Antille, Chordeiles gundlachii, nel 1857, da non confondere con la specie Chordeiles gundlachii vicinus, dedicatagli da Joseph Harvey Riley (1873-1941) nel 1903.
[10] La Mellisuga Helenae, che vive esclusivamente a Cuba, nella Isla de la Juventud (o Isla de Pinos), è il più piccolo uccellino al mondo. Il maschio misura circa 2 cm e pesa circa 2 grammi. Conformemente al suo nome, e come gli dèi più nobili, le api e le farfalle, la Mellisuga si ciba quasi esclusivamente di nettare. Ciò dona al suo piumaggio una sublime iridescenza metallica, spande nei suoi occhietti una così gentile soavità che chi ha la fortuna di esserne guardato non può che tramutarsi in fiore su due piedi, ma soprattutto innalza la vita della Mellisuga alla perfezione di un rarefatto circolo virtuoso: poiché si alimenta solo di nettare, scarsamente nutriente, il nostro uccellino deve procurarsene una gran quantità, ma per procurarsene una gran quantità deve essere sempre in volo, e poiché il suo volo è energeticamente assai dispendioso (80 battiti d’ala al secondo per mantenersi sospeso davanti ad un fiore) abbisogna, circolarmente, di una gran quantità di nettare. Il metabolismo della Mellisuga, come anche il più sciocchino ormai avrà compreso, è per questo motivo prodigiosamente attivo: la sua temperatura corporea diurna raggiunge i 40°. Di notte, quando riposa e non si nutre, scende a 19°. Ciò significa che la sua vita si ferma quando smette di nutrirsi di nettare e di sole, ovvero che si tratta di un perfetto meccanismo alimentato da nettare e sole, o meglio di un motore solare a nettare. Il suo minuscolo cuore batte 10 volte più velocemente di quello d’un uomo (più di 1000 battiti al minuto), e, in proporzione, è due volte più grande. Dunque il cuore del nostro uccellino è due volte più grande del sacro cuore di Gesù e del cuore di Ercole: ciò rende la Mellisuga divina, non foss’altro che per proprietà transitiva. Qualsiasi cosa questo significhi.
[11] Nel tedesco medievale Gund significa «guerra» e leich, dal germanico leikaz, significa «gioco», «danza», «movimento», «torneo».
[12] Si sa: nell’Agamennone (685-90) Eschilo collega il nome Elena al verbo elèin, «prendere», e, per estensione, «distruggere», «rovinare». Naus è la «nave», elènaus (da elèin + naun), è dunque la «distruttrice di navi». Helen, naturalmente, è anche il nome della moglie di Gundlach.
[13] Al lettore accorto non sarà sfuggita la possibilità che il becco di Elena sia in realtà un effetto di risucchio esercitato dal suo occhio, così come i becchi dei busti di Messerschmidt sono sia una smorfia per scacciare i demoni sia l’effetto del risucchio demoniaco. L’occhio dunque sarebbe il demone di Elena, il suo daimon feticcio.
(2011)
Bronzo lucidato a specchio; occhi in vetro dipinto;
Scomponibile in 67 elementi;
Il nucleo di Elena può essere montato sulla base di Paride;
Il nucleo di Paride può essere cullato dalla base a dondolo di Elena;
Dimensioni Elena: 17,5 cm (H) x 36 cm x 12 cm;
Tecnica: modello originale in resina; poi fusioni a cera persa e microfusioni in gusci ceramici;
Fonderia Bonvicini (Verona)
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