Ombra

Un coniglietto si convince che il mondo sia articolato secondo griglie linguistiche. «Niente è definito di per sé. Neanche ciò che ci è più vicino, che è parte di noi. Come per alcune tribù tutti gli animali volanti sono catturati da un solo nome, e non avrebbe senso distinguere una farfalla da una mosca o da un’aquila, così anche un dito, o una mano, potrebbero non esistere per una tribù che usi una sola parola per indicare l’intero braccio. Il blu cobalto non esiste se non entro una griglia linguistica che lo distingue dal blu oltremare. E per alcuni linguaggi il rosso non sarà mai distinguibile dal giallo. Forse saranno sempre chiamati allo stesso modo, come noi chiamiamo allo stesso modo svariate tonalità di arancione, e milioni di nuvole e di stelle “in sé” assolutamente diverse. D’altronde il linguaggio non è tutto. Sembra che il linguaggio abbia un limite. Esso non crea la realtà dal nulla. Il limite del linguaggio sembra essere la cosa meno il linguaggio. Il puro esserci della cosa in quanto è questa cosa. Ma anche il questo è una categoria linguistica? Forse per alcuni il “questo” e il “quello”, ad esempio, sono una sola categoria linguistica. E la metafora della purezza non è già assolutamente linguistica? E questo problema, il problema del “questo”, è veramente questo? Come possiamo afferrare anche solo un problema, senza sapere se questo problema è davvero questo problema, se questo è questo?». Questo pensava il coniglietto, perché la mano che afferrava il coniglietto per le orecchie, e spezzava il collo del coniglietto, e strappava le viscere e la pelle del coniglietto, e si colorava del sangue del coniglietto, potesse diventare per sempre parte del coniglietto. E allo stesso tempo la testa di un’anatra. E poco più di un’ombra su un muro.



    





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